La legge di Ferri

Lo abbiamo visto di recente in giugno su Rai Uno nel reportage televisivo PETROLIO, in “Ladri di bellezza”; titolare sin dagli anni ’90 di grandi inchieste sul recupero dei reperti archeologici trafugati dagli scavatori clandestini nella Tuscia, sventato grandi traffici internazionali di beni culturali di fattura italiana dirottati verso musei e gallerie d’asta di fama mondiale. LaRotta.it è lieta di presentare l’intervista al magistrato Paolo Giorgio Ferri, il quale ci ha accolto nella sua dimora romana  facendo il punto sulle prospettive di contrasto al traffico illecito del nostro patrimonio artistico. E per quanto riguarda l’inchiesta condotta dal giornalista Giuseppe Braghò, relativa ai Bronzi di Riace, e l’ipotesi dell’esistenza di un terza statua e dei loro relativi scudi,  Ferri dichiara ” Il Getty museum non ci aprì mai i suoi depositi”
FERRI ” Il bene culturale fa sempre status” Intervista al Giudice PAOLO GIORGIO FERRI
A che punto è  il fenomeno degli scavi clandestini nella Tuscia? Sappiamo che dopo i suoi interventi di indagine c’è stata una battuta di arresto. Com’è la situazione adesso?
Il traffico continua soprattutto per i piccoli oggetti, in particolari per quelli non museali. Il che significa lo stesso, il danneggiamento del sito. Il tombarolo quando interviene su un sito interviene senza effettuare studi stratigrafici e asporta quello che può asportare, beni piccoli o beni grandi. Certamente il bene importante non viene più facilmente esitato. Ricordo una inchiesta attorno al 2013 verteva su dei marmi stupendi, con bassorilievi, in altri tempi sarebbero andati all’estero tranquillamente nell’arco di una settimana. Pensi, che l’acquirente del tombarolo li nascondeva  sotto terra lasciandoli per più di un anno, ci siamo arrivati tramite una fonte confidenziale, chiaramente. Però il fatto di aver bloccato il mercato dei reperti di grandi importanza è il primo passo che ogni ordinamento giuridico deve fare, vale a dire bloccare i grandi acquirenti, perché bloccare i grandi acquirenti significa diminuire la domanda, e se diminuisce la domanda, l’offerta per forza, si adegua. Appena il fenomeno repressivo abbassa la guardia, sale la domanda, quindi ci saranno sempre acquirenti. Il bene culturale fa sempre “status”, affascina.
La pena per il reato giudiziario di un tombarolo “occasionale”, è la stessa rispetto a un tombarolo rodato?
Diciamo che il tombarolo già rodato, dovrebbe essere colpito da condanna e pagare l’aggravante di una recidiva. Io non ho mai visto condannare un tombarolo. Se andiamo al registro di Regina Cieli, o di altri istituti di pena italiani, di questi “ricoverati”  non ne troviamo nessuno. Significa che la pena è inefficace, ineffettiva, di fronte alla sottrazione di un valore immenso.  La legge italiana a tutt’oggi tutela più un paio di jeans che un vaso di Eufronio, questa è la realtà. Un paio di jeans con doppia aggravante va dai 3 ai 10 anni di reclusione, un vaso di Eufronio arriva a stento a 3 anni. Occorre rivedere  i valori da proteggere. Certamente, il bene archeologico o il bene culturale merita un’attenzione maggiore. L’ultima legislatura aveva approntato una legge che era stata già approvata dal Senato, doveva passare alla Camera, ma con lo scioglimento delle Camere purtroppo non ha trovato spazio. Era una legge che conteneva delle luci e delle ombre, ma anche qualche buona luce; e tra l’altro l’inasprimento delle pene è reso possibile anche con le indagini  intercettive. Questo è importante.
(Cratere di Eufronio- museo di Cerveteri)
Le sue indagini come il  suo nome sono  legati a doppio filo al nostro territorio. Lei, giudice Ferri,  ha intercettato il più grande traffico internazionale che partiva dal territorio della Tuscia fino ad arrivare ai nomi più importanti dei curatori dei musei mondiali. Ne cito uno, forse il più importante, il processo a Marion True curatrice del Getty Museum e il faccendiere Gianfranco Medici. Come siete arrivati a questa conclusione? Lo vuole raccontare ai nostri lettori?
Beh, intanto la Tuscia è una terra meravigliosa, ha una cultura indigena e gli Etruschi sono soprattutto nella Tuscia, individuare i reperti etruschi di attribuzione italiana è stato possibile tramite una rivendica da parte delle nostre autorità. Come siamo arrivati a questo? La fortuna o i tempi più maturi ci hanno molto aiutato. In Svizzera, occasionalmente, è stata fatta una perquisizione nel 1995, si cercavano 2 o 3 reperti rubati e invece si trovò un covo di reperti archeologici di inestimabile valore. La Svizzera per la prima volta cominciò a cooperare, era il tempo in cui si cominciava a dare delle risposte agli Ebrei colpiti dall’Olocausto, e quindi a fare delle restituzioni; ricordo ancora il Procuratore di Ginevra che era di origine italiana che disse che non si potevano fare due pesi e due misure, dobbiamo aiutare anche gli Italiani e così ci aiutò con una nuova interpretazione e atteggiamento, all’epoca ancora ritenuto reato fiscale. Si chiedevano prove quasi impossibili da poter espletare, come la sicura provenienza dalla Italia, e non dalla Svizzera o da altri territori; e questo, specie per i vasi attici come quello di Eufronio, era difficile, in quanto i vasi attici per definizione erano prodotti in Grecia. Un altro elemento che ci ha aiutato, è che molti dei vasi attici recavano un alfabeto etrusco sotto il piede, per esempio, e poi, le prime confessioni, le prime indagini, e anche le collaborazioni degli archeologi americani, come anche gli stessi giornalisti. Appena accesa un po’ di luce su questo fenomeno si è capito come funzionava il traffico. Adesso, l’atteggiamento dei privati come dei musei è molto cambiato. Abbiamo a che fare con una criminalità organizzata; il tombarolo, per quanto occasionale, quasi mai non vende se non ha un mediatore che riceve il bene, il mediatore poi lo porta all’estero lo rivende a un altro mediatore internazionale, e così il mediatore internazionale arriva alle grandi  gallerie, case d’asta, e ai grandi musei acquirenti. E’ una rete molto fitta, molto  interessante, una rete piramidale con un rapporto quasi gerarchico tra i soggetti; il tombarolo risponde al mediatore regionale o locale, e viene a volte stipendiato, oppure gli si compra “l’intero raccolto” -come si dice in gergo- dopodiché il mediatore regionale si rivolge a quello internazionale il quale compie azioni di riciclaggio che consentono di far apparire il bene di lecita provenienza  ma non lo è: vendita e compere tramite case d’asta, inserimento del bene in una collezione storica alla quale non è mai appartenuto, e così via, provenienza alterate del paese d’origine, specie per i beni numismatici. Purtroppo, ahimè, il fenomeno del tombarolo è anche legato all’aspetto economico. A volte bisogna chiudere gli occhi, perché si sanano determinate situazioni economiche di disagio sociale. Ma poi è una sciocca operazione perché il reperto, una volta uscito dall’Italia, all’estero acquista mille volte il valore di quando si trafuga, e di questo mille, una minima parte ritorna in Tuscia, o in Italia. Invece, conservare i contesti, significa sviluppare il turismo, perché sono pagine di storia che non si riscrivono più.
(Bisenzio – sepoltura località Bucacce. Foto la
Rotta.it – Ph Caterina Berardi)
Le è mai capitato un tombarolo pentito?
Sì, sì. C’era uno che diceva “Io non sono un tombarolo perché vado a ville romane” in senso quasi dispregiativo. Anche se devo dire, che una volta presi con le mai nel sacco, diventa più un pentimento “spintaneo” che spontaneo. Una collaborazione siamo riusciti a crearla, anche se, gli strumenti che ci permettono di individuare i responsabili di scavo clandestino rimangono sempre le intercettazioni.
Lei ha citato il Getty museum, ma sembra, Il condizionale è d’obbligo, che sulla scia dell’inchiesta giornalistica di Giuseppe Braghò, i Bronzi di Riace ritrovati il 16 agosto 1972 non fossero due ma tre, quindi ce ne sarebbe un terzo, secondo la denuncia inoltrata da Stefano Mariottini, attraverso la quale scrive “Un gruppo di statue”. Lei, che idea si è fatto su questa vicenda, anche in virtù di una intervista rilasciata dall’avvocato Fiorilli con il quale Lei ha collaborato in diverse inchieste.
Ma, io non avevo  notizia del terzo bronzo, semmai di uno scudo, che apparteneva alla coppia. Interrogai anche Marion True sul punto, le lei negò, si mise quasi a ridere. Certo, il ritrovamento dei Bronzi di Riace è un po’ singolare, a pochi metri dalla riva, delle statue così importanti, sembra siano state recuperate altrove e poi portate lì. Questa è una dicerìa. Altra dicerìa è questo scudo, anche io ho cercato di investigare ma senza risultati. Certo che il Getty non ci ha mai ammesso a vedere i suoi depositi e i suoi magazzini.
Perché?
Nel periodo in cui precedeva l’interrogatorio di Marion True che ho fatto a Los Angeles chiesi agli avvocati di far presenziare l’allora segretario generale del ministero e di accompagnarlo nei depositi, quindi il segretario generale volò a Los Angeles insieme a me, e insieme a due archeologi esperti che mi stavano accanto, con l’unico scopo di incontrare le autorità museali del Getty e verificare se era possibile vedere se ci fossero nei depositi altri reperti che noi potevamo rivendicare. Non gli hanno mai consentito di fare questo. L’hanno portato a passeggio e basta. Che i depositi siano rimasti segreti, questo è vero. Io posso fare solo delle deduzioni. E’ possibile che ci sia un terzo bronzo, è possibile che ci siano gli scudi, ma non so se al Getty o altrove. Braghò non è la prima volta che fa queste inchieste e che fa queste deduzioni; io non ho letto i suoi scritti, perché poi ho abbandonato la Magistratura attiva, certo, se fosse possibile riaprire un’inchiesta visto che anche adesso il carro sabino che sta esposto al Metropolitan Museum pare che abbiano trovato la documentazione che ne denuncerebbe l’esportazione dopo il 1909 il che cambierebbe la prospettiva e la leicità dell’acquisto del Metropolitan. Se fosse possibile recuperare il terzo bronzo di Riace  oppure gli scudi di uno dei due non sarebbe male. Speriamo che prima o poi il Getty apra le porte dei suoi magazzini.
E per quanto riguarda i premi elargiti dalle Stato che spettano ai privati cittadini quando si imbattono casualmente in un ritrovamento di un reperto importante?
Diciamo che lo Stato non paga neanche più i debiti che contrae con gli imprenditori  che sono costretti a fallire. Qui, veramente siamo arrivati a una scarsa attenzione giuridica. Tuttavia, il 25% viene fatto sulla base di una valutazione dalla Sovrintendenza, e si riceve un piccolo premio, ahimè con estremo ritardo.
Caterina Berardi
 
 Guarda l’intervista video al Giudice Ferri su Youtube

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